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Home Area Legale Agende Legali Notiziario Legale Luglio 2018
Notiziario Legale Luglio 2018 PDF Stampa E-mail
Martedì 07 Agosto 2018 17:28

 

STUDIO ROMANO  LEGAL

Contenzioso Tributario

INADEMPIMENTO TRIBUTARIO

(CTR Basilicata  - I Sez- – Sentenza n.28/2018)

Non rappresenta causa di forza maggiore la crisi finanziaria della società che, per tale motivo, non versa le imposte. Il legale rappresentante risponde in questo caso di omesso versamento dell’imposta dovuta.

E’quanto stabilito dalla sezione I della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata che richiamando l’articolo 6, comma quinto, del Decreto legislativo n.472/97, secondo cui “non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”, evidenzia che le ipotesi della c.d. forza maggiore vanno individuate negli “eventi eccezionali naturali o umani che abbiano determinato l’impossibilità materiale per l’agente di svolgere una determinata azione e quindi, in ambito tributario, calamità naturali o fatti imprevedibili ed inevitabili di terzi, che abbiano impedito al contribuente di adempiere a precise scadenze di legge”.

Dunque, la giustificazione addotta dal contribuente al mancato versamento delle imposte dovute, ovvero la crisi finanziaria, non può farsi rientrare negli eventi eccezionali ed imprevedibili, posto che peraltro, evidenziano i Giudici, “si tratta di omesso versamento di IVA  e di corrispettivi già introitati”

Dunque le imposte vanno pagate a prescindere dalla crisi.

ACCERTAMENTO SINTETICO

(CTR Lazio – Sentenza n. 3219/2018)

Ai fini dell’accertamento sintetico il Fisco deve prendere in considerazione solo gli incrementi patrimoniali relativi all’anno oggetto di verifica, e non anche quelli subentrati successivamente.

Dunque, ai fini dell’accertamento induttivo gli incrementi patrimoniali da prendere in considerazione “devono essere soltanto quelli relativi all’anno oggetto di verifica fiscale”.

Ciò che viene fuori da questa pronuncia è che con il metodo parcellizzato al Fisco si attribuirebbe una “potestà esorbitante” dal momento che finirebbero per essere presi in considerazione anche gli elementi indiziari di capacità contributiva di anni di imposta successivi.

ACCERTAMENTO SUI REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE

( CTR Lazio XIX Sezione  - Sentenza n.3195/18 )

Legittimo l’accertamento sul lavoratore dipendente.

Le indagini bancarie infatti si possono attivare non solo nei confronti delle persone fisiche, titolari di redditi di impresa o di redditi da lavoro autonomo, ma anche sul contribuente che goda di redditi da lavoro dipendente.

E’ quanto afferma la Corte capitolina nella sentenza 3195, nella quale leggiamo :”non può avere alcuna rilevanza giustificativa l’affermazione della parte secondo cui le indagini finanziarie sarebbero espletabili solo nei confronti di persone fisiche quando titolari di redditi di impresa o da lavoro autonomo, né tale affermazione può costituire esimente dall’applicazione degli accertamenti bancari per soggetti altri, perché l’articolo citato non opera alcuna specificazione al riguardo, riferendosi invece genericamente al contribuente”

Sezione  Lavoro

INDENNITA’ SOSTITUTIVA DI FERIE

(Tribunale di RomaSentenza n. 2013/18)

Non spetta l’indennità di ferie e di permessi non goduti se il lavoratore non riesce a dare prova di aver lavorato ininterrottamente nel periodo in cui, invece, avrebbe dovuto godere delle ferie.

Con questa pronuncia il Tribunale conferma un principio espresso già da altre Corti affermando che l’onere probatorio è integralmente a carico del lavoratore che agisce per la tutela del suo diritto, poiché il fatto costitutivo del diritto all’indennità di ferie non godute non è il rapporto di lavoro, ma il fatto di non aver godute le ferie dovute, ovvero l’inosservanza da parte del datore di lavoro dell’obbligo di concederle.

Il lavoratore dunque dovrà dedurre di aver sempre lavorato nel periodo di riferimento. Prova non facile soprattutto in caso di mancanza di documenti che attestino la sua presenza sul posto di lavoro si dovrebbe ricorrere alla prova testimoniale.

FORMA SCRITTA DEL LICENZIAMENTO

(Corte di Appello di Roma  -  Sezione lavoro   Sentenza del 23.04.2018)

Legittimo il licenziamento comunicato al lavoratore via Whatsapp. In generale i negozi giuridici hanno forma libera e la legge impone solo che il recesso datoriale sia comunicato per iscritto.

Non rileva dunque il supporto cui l’azienda affida la “comunicazione” per il dipendente.

L’articolo 2 della Legge 604/66 non usa il termine notificazione come modalità procedimentalizzata di trasmissione dell’atto. E’sufficiente che il destinatario sia informato dell’atto. L’applicazione di messaggistica può essere considerato un luogo che risulta in concreto nella sfera di dominio e controllo del lavoratore, che può conoscerne il contenuto.

Nel giudizio de quo è la lavoratrice stessa che produce in giudizio la stampata della chat su Whatsapp ed è sempre la medesima ad affermare che il messaggio proviene dal datore di lavoro.

OMESSO VERSAMENTO RITENUTE PREVIDENZIALI

(Corte di Cassazione –  Sentenza magio 2018)

La volontarietà cha accompagna il reato dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti dal datore di lavoro può essere esclusa dal Giudice in considerazione di due elementi, ed ovvero il modesto importo delle somme non versate nonché la discontinuità e la episodicità delle inadempienze riscontrate.

Di questi due elementi il lavoratore è tenuto a dare prova specifica.

Contenzioso Amministrativo

OBBLIGO DI ABBATTIMENTO

(Corte Costituzionale – Sentenza  n 14 del 5 luglio 2018)

Gli immobili abusivi, una volta entrati nel patrimonio dei comuni, devono essere demoliti.

Solo in casi eccezionali, e solo alla luce di una valutazione caso per caso, possono essere conservati intatti e acquisiti al patrimonio.

Questo il dettato della Corte costituzionale che si ispira al principio fondamentale di “governo del territorio”contenuto nel Testo Unico in materia di edilizia, ed alla luce del quale la predetta Corte ha dichiarato l’incostituzionalità della legge emanata dalla Regione Campania che statuisce la conservazione degli immobili dichiarati abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni.

DANNO DA BLOCCO DELL’ATTIVITA’

(TAR Calabria – II Sezione – Sentenza n. 1063/2018)

Va estromessa dall’appalto una società se il suo rappresentante legale ha omesso di dichiarare, in occasione della partecipazione alla gara, di essere stato implicato in un procedimento penale per un reato connesso alla violazione degli obblighi per la sicurezza sul lavoro, patteggiando la pena.

Neanche il self cleaning invocato dall’impresa può avere efficacia sanante a valle della dichiarazione non veritiera.

Ciò perché la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti va equiparata ad una vera e propria sentenza di condanna.

Il meccanismo del c.d. self-cleaning, introdotto con la direttiva 24/2014,  consente all’operatore economico di dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione.

Ma tale opportunità, tuttavia, non sarà comunque utilizzabile nei casi in cui l’operatore sia stato escluso dalla partecipazione alle procedure d’appalto con sentenza definitiva, e ciò per tutto il periodo in cui gli effetti della sentenza sono destinati a prodursi. Questa causa di esclusione dell’applicazione della procedura sanante si estende anche all’ipotesi in cui l’impresa sia stata esclusa dalla gara per aver reso una dichiarazione non veritiera.

CONFISCA NON DEFINITIVA

(Corte di Cassazione - Sentenza n.26603/2018)

Nel caso in cui su un immobile sussista un provvedimento di confisca, ma questo non sia ancora divenuto definitivo, con il conseguente passaggio della proprietà del bene, in sequestro, allo Stato deve essere garantita la continuità a poter godere del bene anche al soggetto che, pur non essendo proprietario dell’immobile, vanti su di esso un diritto reale di godimento(ad esempio la locazione).

Essenzialmente su tale beneficiario ricade esclusivamente l’onere di mantenersi in regola con le spese.

Varie

CONDOMINI MOROSI

(Tribunale di Roma  –  Sentenza n. 8426/2018)

L’amministratore del condominio è tenuto a fornire ai condomini, che lo richiedano, i dati anagrafici dei proprietari esclusivi morosi.

La normativa contenuta nella legge 220/12, che ha riformulato l’articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice civile, fa venir meno ogni dubbio sulla possibilità di frapporre limiti derivanti dalla tutela della riservatezza, peraltro esclusi dallo stesso Garante per la protezione dei dati personali.

Ai sensi dell’articolo 63 disposizioni attuative del  Codice civile “l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti, che lo interpellino, i dati dei condomini morosi.”

Occorre, in particolare, che venga precisata la situazione debitoria dei condomini, come risultante dai riparti eventualmente approvati dall’assemblea, comprendenti le somme dovute alla parte ricorrente, e dallo stato dei relativi versamenti.

L’immotivato rifiuto dell’amministratore” ricorda il Giudice” rappresenta violazione di una specifica norma di legge”.

Si tratta quindi di un dovere legale di salvaguardia dell’aspettativa di soddisfazione dei soggetti titolari di crediti cui l’amministratore non può opporsi.

ECCESSO DI VELOCITA’

(Giudice di Pace di Torino  - Sezione civile -  Sentenza n. 132418)

Multa cancellata perché la Polizia non spiega quali pericoli crea l’auto che corre troppo.

Dunque addio verbali frettolosi. Nel verbale devono essere indicati i motivi specifici che portano alla sanzione.

Compete all’Amministrazione convenuta in giudizio, infatti, dimostrare l’esistenza dei presupposti di fatto che fanno scattare la sanzione.

Tanto emerge dalla sentenza n.132418 depositata dal Giudice di Pace di Torino.

La descrizione minuziosa del comportamento scorretto di chi guida è molto importante, perché funge da motivazione del provvedimento. I verbalizzanti sono tenuti a descrivere il comportamento di chi guida per far emergere l’inosservanza delle disposizioni di legge e dar prova così degli elementi oggettivi dell’infrazione.

24/03/2015

DIRITTO AL MANTENIMENTO

(Tribunale di Udine – I Sezione civile – Sentenza n.652/18)

Niente assegno divorzile anche e nonostante la coppia sia stata sposata per lungo tempo. Ciò peraltro benché la Cassazione abbia aperto alla durata del matrimonio come parametro da tenere in considerazione ai fini dell’autosufficienza del coniuge.

Dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio non conta più solo il redito di chi richiede il contributo all’ex coniuge, ma anche la sua capacità potenziale di produrre entrate. Per cui, la domanda del coniuge non trova ingresso se non  corroborata dalla prova di aver almeno cercato un’occupazione, ad esempio inviando curriculum.

Così i Giudici di Udine che evidenziano che il mantenimento non è più giustificato perché la solidarietà fra ex coniugi può certo sopravvivere dopo il divorzio, ma non quando la mancata percezione di redditi da parte del richiedente è dovuta a mera inerzia. L’ultrattività della solidarietà fra ex coniugi non può garantire “rendite parassitarie”

Il contributo divorzile ha meramente natura assistenziale e mira a garantire un’esistenza dignitosa all’ex coniuge. Dunque, sulla decisione se garantire il contributo all’ex coniuge pesano fattori come età, capacità, condizioni di salute ed eventuale assenza di figli.

 

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